VOGLIA DI LUNA USA-URSS: ESTATE 1969/ESTATE 2023
dal Team – Notizie ANSA
MONACO. Era il 20 luglio 1969 quando Neil Armstrong e Buzz Aldrin, due dei tre astronauti della missione Apollo 11, mossero i primi passi sul suolo lunare, arrivando primi sul traguardo di una delle tappe della grande corsa allo spazio con l’allora Unione Sovietica. In piena guerra fredda però, quest’ultima aveva gia’ clamorosamente umiliato gli Stati Uniti con il lancio in orbita del primo satellite artificiale nello spazio, lo Sputnik 1 nel 1957, seguito dal primo uomo nello spazio cosmico, il comandante Gagarin, nel 1961. Nel 1969, erano 10 anni che la Russia aveva immesso enormi risorse nel programma di esplorazione lunare ‘Luna’, avviato nel 1959. Dopo il “piccolo passo” sulla Luna di Armstrong, i sovietici non si arresero, lanciando nel ’71 la prima stazione spaziale, la Salyut. E finalmente, il 17 luglio 1975, con l’aggancio tra Apollo 18 e Soyuz 19, si concluse la prima missione congiunta Usa-Urss, dando un taglio netto con il passato. In pratica, la missione fu frutto della prima collaborazione tra i due programmi spaziali delle due superpotenze, che fino a tale momento era stato meramente caratterizzato dalla concorrenza dell’uno contro l’altro. La tecnica missilistica era diventata una base fondamentale della corsa all’armamento (anche di carattere atomico) e pertanto la collaborazione pacifica nello spazio fu un chiaro segnale politico della volontà di pace reciproca. Tutto sommato, quei vent’anni di sfide si conclusero con un salomonico pareggio: agli americani il merito del primo uomo sbarcato sulla luna, all’Unione Sovietica quello del primo uomo lanciato nello Spazio. Pareva che la guerra fredda spaziale fosse finalmente essere archiviata, ma ecco che 4 giorni fa, l’11 agosto, la Russia ha lanciato la missione Luna-25 con un razzo Soyuz dal cosmodromo di Vostochny. Il ritorno alla Luna, a 47 anni dall’ultima missione, è un obiettivo ambizioso che la Russia persegue senza la collaborazione dell’Europa, interrotta dopo l’invasione dell’Ucraina. Riportare l’uomo sulla Luna per restarci: era questo l’obiettivo che nel 2015 aveva spinto l’Agenzia Spaziale Europea e la sua omologa russa Roscosmos a unire le forze per mettere in campo una serie di missioni (Luna-25, Luna-26 e Luna-27) volte a verificare le condizioni per la creazione di un insediamento umano permanente sul nostro satellite naturale, realizzando così un sogno a lungo interrotto da altre tensioni e incidenti. A metterlo nuovamente a repentaglio, stavolta, sono state le tensioni geopolitiche scatenate dall’invasione dell’Ucraina. La crisi ha spinto l’Esa, (con la quale, ovviamente, il Principato di Monaco condivide i principi etici) ad annunciare dapprima la fine della cooperazione per la missione ExoMars diretta su Marte e poi, nel giro di poche settimane, anche quella per le missioni lunari. La decisione, assunta il 13 aprile 2022 dal Consiglio dell’Esa riunito in sessione straordinaria, è stata anche accompagnata dalla richiesta ai russi di restituire la telecamera di navigazione Pilot-D, che sarebbe dovuta partire con la missione Luna-25. Se la rottura dei rapporti ha portato l’Europa a concentrare i propri sforzi per la Luna sulle missioni previste dal programma Artemis della Nasa, dall’altra parte ha spinto la Russia a continuare da sola la sua corsa allo spazio, nel tentativo di riaffermare la propria potenza sulla scena internazionale. Ci prova con la missione Luna-25, che già nel nome porta un segno di chi ha portato al lancio 24 missioni, di cui 15 di successo. L’ultima, Luna-24, si è conclusa il 22 agosto 1976 riportando sulla Terra circa 170 grammi di suolo lunare. A giugno, il capo dell’agenzia spaziale russa Roscosmos, Yurij Borisov, aveva definito il lancio come ad alto rischio. “Questa missione prevede l’atterraggio al polo sud. Nessuno al mondo lo ha mai fatto prima”, aveva detto durante un incontro con il presidente Putin. “La probabilità di completare con successo missioni come questa è stimata intorno al 70%”. L’arrivo a destinazione dovrebbe avvenire il 21 o 22 agosto con un atterraggio morbido sul cratere Boguslavsky, per poi dare il via alla missione operativa vera e propria, della durata di circa un anno. Dunque, viene riproposta la gara che pareva essere archiviata quasi 50 anni fa. Ma perché questa “nuova corsa”? Per motivi di opportunità, come da sempre, solo che oggi sembrano essere sempre più evidenti quelli della geopolitica.