MonteCarlo Times

ACCESO DIBATTITO SU RIFORME ED ELEZIONI DEL CGIE AD APRILE

Fonte: ma.cip.\aise

ROMA. Ad un mese dall’ultima plenaria, e della quarta plenaria della conferenza Stato regioni Cgie, svolte in presenza a Roma nel mese di dicembre a Roma, e a quasi due mesi dalle elezioni dei Comites – con i risultati ancora da analizzare, anche alla luce di alcuni ricorsi al tar ancora aperti, che riguardano i comitati di Nizza e Zurigo – Schiavone ha sollecitato ancora una volta Governo e Parlamento a mettere mano alla riforma delle leggi elettorali e a quelle sulla rappresentanza degli italiani all’estero. Per il Cgie, ha aggiunto, la Dgit ha previsto una tabella di marcia dal 3 al 23 aprile per la convocazione delle assemblee paese, cui partecipano i consiglieri dei nuovi Comites e i rappresentanti delle associazioni iscritte negli albi consolari. Da eleggere 43 consiglieri, suddivisi per Paese in base a quanti cittadini sono iscritti all’Aire. Una regola matematica che, quest’anno, esclude dal computo il Sud Africa, “battuto” per poche unità dall’Austria. Questa la ripartizione dei 43 eletti in 17 diversi Paesi: 7 consiglieri per l’Argentina; 6 per la Germania; 5 alla Svizzera; 4 a Francia e Brasile; 3 al regno Unito; due agli Stati Uniti, al Belgio e alla Spagna, uno ciascuno per Australia, Canada, Austria, Venezuela, Uruguay, Cile, Paesi Bassi e Perù. Dunque 24 consiglieri in Europa, 3 in Centro e Nord America, 15 in America Meridionale e 1 in Asia, Africa, Oceania e Antartide. L’assenza del Sud Africa, ha detto Schiavone, “è grave e irrispettosa dei diritti dei connazionali e della presenza economica, sociale e culturale della collettività lì residente”. Del tutto assente anche l’Asia, dove proprio quest’anno sono stati eletti per la prima volta nuovi Comites che “ora devono aver voce”. Il Cgie, quindi, “chiede che venga rivista la tabella e ripristinati i principi fondamentali con cui il Legislatore ha garantito la rappresentanza diffusa attraverso il numero consiglieri che – ha ricordato – da 94 nel 2015 diventarono 63 a causa interventi di spesa pubblica attuati dal governo dell’epoca”. Per Schiavone si dovrebbero aggiungere “4 consiglieri da assegnare alle aree scoperte”, posto che “non ci sarebbe nessun impatto economico sulla dotazione del capitolo 3131 che annualmente assegna risorse al Cgie”. Quanto alla data delle elezioni, il segretario generale ha auspicato un election day il 23 aprile “per evitare disfunzioni e speculazioni di qualsiasi sorta”. Importante, ha concluso, anche capire cosa può fare il Cgie uscente in questi tre mesi di amministrazione ordinaria, nell’auspicio di poter organizzare un’ultima plenaria in presenza che faccia sintesi del lavoro svolto in 6 anni. Ha quindi preso la parola il sottosegretario Della Vedova che ha più volte ribadito come la tabella e le regole sull’ordinaria amministrazione derivino da precise norme di legge, cui la Farnesina deve attenersi. “Si potrebbero usare i consiglieri di nomina governativa per sanare gli squilibri”, ha ipotizzato il sottosegretario, che ha di nuovo richiamato le norme anche sul fronte della data delle elezioni: tutta la procedura, ha ricordato, dipende “a cascata” dall’insediamento dell’ultimo Comites, in questo caso quello di Philadelphia il 23 dicembre. Le assemblee paese devono tenersi entro 4 mesi da quella data, dunque entro il 23 aprile. “Questo procedimento è di estrema importanza perché coinvolge rappresentanti eletti sul territorio e dà voce al ruolo delle associazioni, che si è molto evoluto negli ultimi 10 anni. Spero che sia dato maggior spazio anche alle donne nel nuovo Cgie”. A chiarire la tabella di marcia è stato il Dg Vignali: ricordando che la ripartizione è stata fatta sulla base dei dati del Viminale e che alla Farnesina c’è consapevolezza della necessità di re-includere il Sud Africa tra i Paesi rappresentanti nel Consiglio, il Direttore generale ha spiegato che le associazioni dovranno indicare i loro rappresentanti alle assemblee paese, nella misura del 30% dei membri dei Comites, inclusi i cooptati per quelle in Europa, e del 45% per quelle in America Latina. Qualora i rappresentanti delle associazioni fossero troppi, rispetto ai consiglieri Comites, allora spetterà all’ambasciata decidere quali indicare per l’assemblea paese (in base al numero dei soci o alle loro attività). Posto che la data ultima è il 23 aprile e che il 17 è Pasqua, Vignali ha ipotizzato la convocazione delle assemblee a inizio aprile (il 9 – 10, preferibilmente “per questione di organizzazione”) o a fine mese. “Ci coordineremo con le ambasciate” perché “è un’operazione molto complessa”. In Germania, ha detto a mo’ di esempio, i “grandi elettori” sono 203, in Argentina 174, in Brasile 131, in Svizzera 140. Occorrono “locali adeguati, prevedere spese di viaggio e soggiorno dei delegati e così via”. Quanto ai consiglieri di nomina governativa, “nei 20 giorni che precedono le assemblee, a partire dal 20 marzo, diciamo, chiederemo agli enti interessati di esprimere le loro preferenze”. Si tratta di 7 consiglieri proposti dalle associazioni nazionali dell’emigrazione; 4 dai partiti che hanno rappresentanza parlamentare; 6 da sindacati e patronati; 1 della Fnsi, 1 della Fusie, 1 per i frontalieri.  E nel frattempo? Il Consiglio generale uscente resta in carica fino all’insediamento del nuovo? E cosa può fare? Secondo il servizio giuridico della Farnesina, in questo periodo di “ultravigenza”, i membri del Cgie rimangono in carica limitandosi all’ordinaria amministrazione, salvo compiti istituzionali urgenti e improrogabili; fondamentale, ha tenuto a sottolineare Vignali, “preservare lo stanziamento di bilancio sul capitolo 3131, quindi non si potrà attingere a quei fondi, per evitare contenzioni col nuovo Cgie”. Cosa che, evidentemente, escluderebbe la convocazione di un’ultima plenaria in presenza. Un parere diverso, ha commentato Schiavone, rispetto a quanto fatto nel passato, quando “fu lo stesso Cgie uscente a decidere cosa fare”. Vignali si è detto disposto a riconfrontarsi col servizio giuridico “con i dati del passato alla mano” per capire e se la prima indicazione sia “superabile o meno”. Molto partecipato il dibattito: a sostegno del “reintegro” del consigliere per il Sud Africa si è espressa a lungo la vice segretaria d’area Silvana Mangione (Paesi anglofoni extra Ue) secondo cui la tabella cozza con quanto previsto dalla legge Tremaglia (art.6) e dalla legge istitutiva del Cgie. “Chiedo che l’Africa sia rappresentata da un eletto e non da un consigliere di nomina governativa; è impensabile che il rappresentante in Australia si faccia carico di tutta l’Asia, l’Africa l’Oceania e l’Antartide”. “Trovare una soluzione, lottare fino alla fine per avere un minimo di rappresentanza, credo sia obbligo morale di tutti” il pensiero di Pinna, consigliere uscente proprio del Sud Africa. Ad ipotizzare una soluzione è stato Norberto Lombardi, secondo cui “non c’è che un rimedio per cambiare la legge: l’unico strumento possibile, visti i tempi, è un decreto legge immediatamente applicativo, che fissi, al di là del criterio aritmetico, un criterio di rappresentatività, prevedendo due consiglieri eletti, uno per l’Africa e l’altro per l’Asia”. Molto critico Putrino (Svizzera) secondo cui, non solo si è atteso l’ultimo secondo per veicolare la tabella, per non coinvolgere il Cgie, ma ora si sta tentando di “ridurre la consiliatura”. È “irritante sentirsi dire che possiamo dare pareri ma solo in videoconferenza, cioè gli italiani all’estero hanno voce solo se lo fanno gratis”. Il “Neo” senatore, Fabio Porta (Pd) ha portato i suoi saluti al Cgie e, richiamando la sua “battaglia per la legalità del voto”, ha fatto una breve riflessione sulla necessità di “coniugare rappresentatività e territorialità”, un tema che “andava risolto con la riforma che purtroppo dopo 4 anni e 3 governi è ancora ferma. Dobbiamo vedere se, con una interlocuzione intelligente tra Governo e Parlamento si trova una soluzione, con il contributo del Cgie”. Nel consiglio “ci sono realtà sovrarappresentate: non credo che servano 7 consiglieri per un Paese, per quanto sfaccettata e varia possa essere la realtà”. La legge “non è scolpita sulla pietra” si può cambiare, ha sostenuto Papandrea (Australia), a favore del ripristino del consigliere del Sud Africa; per Rodolfo Ricci, vicesegretario di nomina governativa, “l’unica chance è il decreto legge” per questo ha rivolto un “appello ai parlamentari per una azione unitaria” così da garantire rappresentatività a tutte le aree. Forse, ha ipotizzato, “proprio le aree continentali potrebbero fare da “griglia” su cui ricostituire la rappresentanza, magari sostituendo la commissione anglofona, e tornando a Nord e centro America, come per la circoscrizione estero”. Duro contro la limitazione dell’uso dei fondi per il Cgie il consigliere Mantione (Paesi Bassi): “perché 10 milioni di italiani all’estero non devono costare qualcosa? Ci si vuol tappare la bocca, ma non siamo ladri usciti dalle tane”. Per Gargiulo (Cile) “se nel 2014 il numero dei consiglieri fu ridotto per cause economiche, oggi il tema è superato se ne possono aggiungere 3 o 4 per le aree escluse”. Per farlo, ha sostenuto Gazzola, vice segretario per l’America Latina, serve una legge di impulso governativo, perché ormai sono le uniche approvate dal Parlamento. Quindi “occorre capire se il Governo vuole intervenire su questo tema”. Quanto alle procedure delle elezioni, “non è detto che la pandemia sia finita né che non ci siano problemi di partecipazione alle assemblee paese”, ha sostenuto.  All’intervento di Collevecchio, che, commosso, ha voluto condividere con i colleghi la gioia dell’avvio delle attività operative dell’Ospedale Italiano in Venezuela, è seguito, infine, quello di Billè (Uk) secondo cui “la riforma sulla composizione del Cgie deve essere portata avanti tra i nominati dal governo, che da sempre indirizzano il Cgie verso una parte politica senza che ci sia possibilità di alternanza”. Nella sua replica, Della Vedova ha ribadito che “il riparto dei consiglieri è stato fatto a norma di legge vigente, se ne facciamo uno diverso si presterebbe a ricorsi”. La legge “non fa distinzione tra aree e continenti, ma parla solo degli Stati”. Per il sottosegretario “non è ipotizzabile neanche il decreto legge”, rimane la possibilità di “utilizzare le nomine governative tenendo presente il riparto geografico”. Sulla funzionalità del Cgie, infine, “non c’è niente di politico, ma solo un’interpretazione del servizio giuridico. Non dobbiamo ragionare sulle opportunità, ma in ermini di rispetto della disciplina vigente”. Per il Dg Vignali potrebbe essere utile avere “una memoria giuridica” da portare con l’ufficio affari giuridici. “Mi rendo conto della difficoltà di non avere un rappresentante per l’Africa, una soluzione va trovata, prendo l’impegno a cercarla”, ha assicurato. “Continueremo a dialogare con voi”, ha ribadito. Poi, come Della Vedova, si è mostrato perplesso sulla possibilità di utilizzare il decreto legge. Rivendicato il “rispetto della legge” per rispondere alle critiche di Putrino, per quanto riguarda le funzioni del Cgie, Vignali ha proposto di interloquire l’Avvocatura generale dello stato sul parere del servizio giuridico per chiedere “se si possano o no di utilizzare i fondi, così da convocare l’assemblea in presenza”. Rispondendo a Gazzola, il Dg ha confermato che si sta già “ragionando” con le varie ambasciate coinvolte su procedure “innovative ed efficaci” che tengano conto del periodo critico che stiamo vivendo a causa del covid. Chiudendo la prima parte dei lavori, Schiavone ha accolto l’ipotesi di sentire l’Avvocatura dello stato per un’ultima plenaria: “ci teniamo a concludere questa consiliatura con una sintesi del lavoro fatto da consegnare al futuro Cgie”. Fino ad allora, il Consiglio generale deve essere coinvolto, “fin dall’inizio, non a cose già fatte”, per preziose indicazioni. “Avremmo evitato queste criticità se ci fossero state le riforme, che rimangono urgenti anche per il prossimo Cgie”. Certo è “che è necessario avere uno spirito di squadra e rapporti continui, così da mettere tutti i soggetti coinvolti in condizione di partecipare e decidere”.  

 

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