MONACO: LA CULTURA UMANISTICA CHE ORIENTA LA COMPETENZA TECNICA
Di Nicola Tavoletta
(Presidente Nazionale ACLI TERRA)
MONACO. Passeggiare tra Porto Ercole e Monte-Carlo solleva, tra varie riflessioni, quella della centralità del Mediterraneo nella totale e integrale dimensione europea, da Lisbona a Mosca. Probabilmente è l’ “Ulisse” di Anna Chromy a rappresentare proprio l’integralità di tale considerazione. Sia perché l’eroe greco e mediterraneo viene rappresentato da una artista boema, sia perché l’opera ha uno slancio verso rotte che si proiettano caparbiamente incuriosite oltre le coste del Mare Nostrum, verso l’entroterra del Continente.
Vi è, in questi pensieri, il riconoscimento di una cultura mediterranea che in questa fase storica rappresenta la originalità o, almeno, la differenza dell’impegno creativo dell’uomo nel confronto con la natura. L’incontro tra uomo e natura, o meglio, tra comunità e natura, nella eccezione mediterranea è generativo di socialità ed economia. La costruzione di filiere produttive integralmente abitate dalle donne e dagli uomini rappresentano non più la narrazione di una moda, ma la generazione di uno stile ideale identificativo comune. Probabilmente questa definizione è proprio rappresentativa dello stesso Principato di Monaco o di altre realtà tipiche divenute dei modelli culturali. Con questo concetto vogliamo chiarire che le filiere agroalimentari mediterranee ed in particolare quelle delle coste europee possono rivendicare una unicità qualitativa esclusiva perché abitate, non solo vissute, dalle comunità, essendo prevalentemente insistenti sulla dimensione orizzontale degli spazi, quasi fosse dettata da una regia unica chiamata Mediterraneo. Le nostre comunità, quindi, sono intrise nelle filiere, caratterizzandole fortemente con la propria dimensione umanistica. Ercole, Ulisse, rappresentano una cultura viva nel Principato, nonostante la capacità di una laicità internazionale, così come i pescherecci lì ancorati tra gli Yacht sono uno ormeggio nella storia. La capacità di generare un creativo laboratorio internazionale contaminato dalle migliori influenze culturali persiste solo se vi è centrale un’autentica interpretazione umanistica, che è l´identità ideale delle nostre filiere mediterranee. Oggi in questo il Principato di Monaco è modello, non solo per capacità economica, ma soprattutto per visione culturale. Ecco perché promuoviamo proprio dal MonteCarloTimes (adesso sul web e poi con approfondimento sul cartaceo di gennaio) una riflessione probabilmente utile a tante realtà mediterranee, purtroppo ancora tormentate tra una presunzione di superiorità o un cedimento identitario, quando vi sono le naturali condizioni intellettuali per l’emersione di vocazioni in progetti qualificati da una identità culturale radicata. I nostri pescatori, gli agricoltori o gli allevatori, proprio ora hanno quella possibilità di trasformarsi professionalmente attraverso l’orientamento della abilità tecnica mosso dalla identità umanistica, così come i sarti si trasformarono in stilisti. A Monaco, la zona de La Condamine è il cuore del Principato, uno dei quattro principali quartieri, e il secondo più antico dopo Monaco Vecchia. Oltre ad ospitare l’antica Chiesa di Santa Devota, il porto Ercole e lo Yacht Club de Monaco, imperdibile per i monegaschi e per i visitatori è il mercato rionale sito nella Place d’Armes. Cinto da portici ombreggiati in cui è possibile prendere un aperitivo o rifocillarsi mentre si legge il giornale, questo variopinto mercato permette di addentrarsi nella vera vita dei monegaschi, oltre ad assaggiare le specialità locali. Una toponomastica che offre un riferimento alle donne e agli uomini impegnati nel lavoro della ristorazione da ovunque vengano. Ed é la formazione umanistica che distingue il valore del prodotto di una competenza tecnica: questo è il valore mediterraneo. L’´idealità mediterranea come scelta autenticamente differente.