L’ EFFETTO CLIMA PER IL MEDITERRANEO
Di Katia Ferrante
MONACO. Il Mediterraneo è tra le Aree Prioritarie per la biodiversità più esposte ai cambiamenti climatici e anche nel Santuario Pelagos, di cui il Principato di Monaco fa parte, l’innalzamento delle temperature probabilmente supererà le variazioni naturali del passato, rendendo questa zona del pianeta un hotspot dell’impatto climatico. Anche se il riscaldamento globale si limitasse a 2 °C al di sopra dei livelli pre- industriali, in futuro l’aumento delle temperature potrebbe superare gli estremi registrati storicamente, con potenziali stress da calore per i sistemi naturali e umani, specialmente nei mesi di giugno-luglio-agosto. La combinazione tra temperature più elevate e quantità uguali o inferiori di precipitazioni ha comportato una riduzione dell’umidità del suolo, dando luogo alla siccità patita quest’estate, a incendi boschivi e al pericolo di alluvioni. Inoltre, l’intenso turismo che avviene nella zona del Santuario Pelagos, nato da un accordo tra l’Italia, il Principato di Monaco e la Francia, mette a dura prova le risorse residue del bacino mediterraneo. Per quanto riguarda l’ambiente marino, la biodiversità del Mediterraneo risulta vulnerabile anche ai livelli più bassi di cambiamento climatico, con il 30% della maggior parte dei gruppi di specie analizzate di piante ed animali e addirittura il 50%a rischio di estinzione se si superassero i limiti. Mammiferi e uccelli potranno adattarsi in qualche modo a questi scenari, a patto di potersi disperdere con successo negli ambienti a loro più adatti, ma questa è una grande sfida dato che il Mediterraneo è una regione in cui gli habitat hanno già subito un degrado e una frammentazione significativi. Come abbiamo ampiamente riportato in molti articoli, sia sul sito sia sul cartaceo MomteCarloTimes – Les Nouvelles, il sovrano e il governo di Monaco sono particolarmente impegnati nella difesa del mediterraneo e di alcune specie come ad esempio il tonno rosso, attraverso la Fondazione Albert II di Monaco, e l’annuale Monaco Ocean Week nel mese di marzo, oltre ad essere la sede dell’ IHO, istituita nel 1921 per sostenere la sicurezza della navigazione e la tutela dell’ambiente marino. Nella regione mediterranea sono presenti alcune specie chiave particolarmente sensibili agli effetti dei cambiamenti climatici, che rappresentano specie bandiera o specie particolarmente impattate dalle attività umane. Come le tre specie di tartarughe marine: la tartaruga liuto (Dermochelys coriacea), la tartaruga verde (Chelonia mydas ) e la caretta (Caretta caretta), la cui riproduzione necessita di una temperatura fresca della sabbia. Inoltre, i cambiamenti climatici provocano un aumento dei livelli del mare, del livello delle maree e degli eventi meteorologici più estremi. Questi possono alterare o distruggere i siti di nidificazione delle tartarughe, che sono già rari e fragili, e potrebbero portare a estinzioni locali in zone in cui la riproduzione non è più praticabile. Altri fattori di rischio sono la pesca accidentale, lo sviluppo costiero, l’inquinamento e il degrado degli habitat. Nel Santuario Pelagos la distribuzione di stenella, balenottera comune e capodoglio è altamente associata alle temperature superficiali delle acque. Le balenottere comuni (Balaenoptera physalus), sovente avvistate al largo di Monaco, e le varie specie di delfini di cui si ammirano i balzi anche in prossimità della costa, risentono variamente della temperatura della superficie del mare, e possono rispondere spostandosi di area. I cetacei sono fortemente condizionati anche dalle condizioni ambientali e dalla distribuzione delle loro prede. I modelli di temperatura e salinità dell’acqua marina influiscono sulla distribuzione dell’unico cibo della balenottera comune del Mediterraneo: il krill (Meganyctiphanes norvegica). Questo piccolo crostaceo si trova attualmente al limite settentrionale della sua tolleranza ecologica e pertanto è probabile che subisca l’impatto negativo dei cambiamenti climatici, riducendo pertanto la disponibilità di cibo per la balenottera. La storia indica che i cetacei hanno avuto in passato la capacità di adattarsi ai cambiamenti ambientali, ma non è chiaro se stavolta risponderanno abbastanza rapidamente agli attuali cambiamenti climatici, ad esempio slittando i tempi di arrivo nelle aree di alimentazione. In ogni modo sarebbe necessaria una modifica sostanziale per consentire alle balene di mantenere questo ritmo di cambiamento. Tra le altre minacce che riguardano i cetacei si enumera il degrado degli habitat, il bycatch nelle attrezzature da pesca, le collisioni con le navi, l’inquinamento (chimico e acustico) e lo sviluppo di attività per produzione e distribuzione di petrolio e gas. Le collisioni feriscono e uccidono i cetacei e, con un aumento del traffico marittimo con navi di dimensioni e velocità sempre maggiori, questa minaccia non farà che aumentare. Contaminanti come pesticidi policlorurati (PCB) e pesticidi organoclorurati (OC), ora per fortuna vietati o soggetti a restrizioni, sono noti per essere tossici per i mammiferi marini, influenzando la riproduzione e le prime fasi di sviluppo, causando tumori e sopprimendo la risposta immunitaria. Per quanto riguarda i tonni, gia’ 15 anni fa la Fondazione Principe Alberto II di Monaco, nell’ambito della sua partnership con il WWF, ha firmato l’ accordo per un progetto su larga scala atto a proteggere il tonno rosso o bluefin tuna e promuovere allo stesso modo i frutti di mare a marchio sostenibile. Il progetto intende, tra l’altro, promuovere la pesca sostenibile e incoraggiare la comunità internazionale a creare un vero e proprio santuario per il tonno rosso. Oltre che ai i rivenditori, l’associazione MC2D (Monaco Développement Durable) ha inviato una lettera a tutti gli hotel e ristoranti monegaschi chiedendo loro di prendere atto di questa minaccia e di unirsi all’azione intrapresa vietando la vendita del tonno rosso. L’associazione sottolinea inoltre che questi pesci mangiano una grande quantità di meduse e la loro scomparsa genererebbe inevitabilmente uno squilibrio dell’ecosistema mediterraneo. Le variazioni della temperatura dell’acqua hanno conseguenze fisiologiche sul tonno, impattando sulla funzione cardiaca, sull’attività di deposizione delle uova, sulla schiusa delle uova, sulla crescita larvale e sulla capacità di nuoto. E, proprio perche’ il tonno rosso (Thunnus thynnus) ha grandi capacità migratorie per adattarsi ai cambiamenti climatici, questo bellissimo animale va protetto dal commercio indiscriminato e illegale, affinche’ non sparisca dalle acque di Monaco! Anche il 50% degli squali e delle razze che vivono nel Mediterraneo con oltre 70 specie è minacciato dall’impatto climatico, dal degrado degli habitat e dall’ inquinamento. In particolare, le catture di squali e razze alimentano un crescente mercato globale per la loro carne, spesso inconsapevolmente per il consumatore, ma altrove anche per pinne, cartilagini, pelle, olio, denti e mascelle, determinando quindi un eccessivo sfruttamento e la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata che desta particolare preoccupazione. Infine, i cetrioli di mare (Holothuroidea sp.) sono un gruppo di echinodermi (stesso gruppo dei ricci di mare e delle stelle marine) distribuiti nei mari del mondo, compreso il Mediterraneo. L’aumento delle temperature del mare, l’acidificazione degli oceani e l’aumento della frequenza di eventi con temperature estreme possono ridurre la sopravvivenza di questi animali modificando i loro tassi di sviluppo, influenzando i tempi di sviluppo degli organi riproduttivi, la deposizione delle uova e la disponibilità di cibo. Sono stati riscontrati alcuni casi di mortalità di massa a seguito di piogge intense che hanno determinato l’abbassamento della salinità del mare. Altri fattori di rischio: in alcune culture si pensa che i cetrioli di mare abbiano proprietà afrodisiache e curative. Tali credenze potrebbero favorire la pesca illegale o il sovrasfruttamento, che può portare a scomparse localizzate. In Italia, il Mipaaf (Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali) è all’avanguardia con un decreto che vieta la pesca sia ai cetrioli in tutti i nostri mari e sia ai gustosi e ricercati ricci in Sardegna fino al 2024, per permettere ai fondali di ripopolarsi di questa specie.